mercoledì 29 maggio 2013

Il ciabattino

Il mestiere del ciabattino nella società moderna non è quasi più considerato un lavoro attuale.
Al giorno d'oggi le scarpe, quando si rompono vengono buttate via e non più portate dal ciabattino ad aggiustarle. Questo è il frutto dell'innovazione tecnologica: le macchine rendono il lavoro più veloce permettendo la vendita dei prodotti a un basso costo, mentre il calzolaio impiegando più tempo deve cercare di guadagnare per ripagarsi del tempo utilizzato per la costruzione della scarpa.





















Il lavoro nei fumetti...

The Country Gentleman


Auto Worker


Grateful Dead - Workingman's Dead (1970)
    
Superboy - plow




mercoledì 22 maggio 2013

Il falegname


Il falegname più illustre della storia è sicuramente San Giuseppe che divenne in seguito il santo protettore della categoria.

In passato, chiunque esercitasse questa professione doveva essere in grado di saper fare un pò di tutto: senza l’ausilio di macchine, lavorando solo con pochi attrezzi rudimentali, quali trapani manuali, seghe, pialle, martelli, chiodi, raspe, e altri arnesi, riusciva a costruire armadi, letti, comodini, bauli, madie e ogni altro oggetto di legno gli venisse richiesto, tanto che alcuni, all’occorrenza, costruivano anche le bare.

I lavori di questi artigiani potevano essere modesti o di semplice fattura, perché richiesti da persone con limitate possibilità economiche, ma molti potevano produrne di ben più eleganti e pieghevoli, con intarsi e intagli, che rendevano il mobile un vero oggetto d’arte, destinato, naturalmente, a clienti più facoltosi. I falegnami che arrivavano ad esprimere al meglio la propria abilità costruttiva, adoperando legni pregiati, venivano detti anche ebanisti. Tra questi c’erano dei veri artisti.

Pensiamo al maestro che realizzò le tarsie dello studiolo di Federico da Montefeltro, nel Palazzo Ducale di Urbino e ad altri, per lo più anonimi, i cui capolavori sono sparsi in tutto il mondo. Oggi, con l’avvento della tecnologia, il mestiere del falegname è molto cambiato. L’uso di macchinari sofisticati e l’ingresso del computer nelle fabbriche, hanno reso meno duro il lavoro e dato rapidità ai tempi di esecuzione dei manufatti. Tuttavia il lavoro in fabbrica, pur essendo facilitato dall’uso delle macchine, è più che mai alienante.

Nel lavoro a catena ognuno ha una mansione specifica: c’è chi taglia, chi leviga, chi vernicia, chi assembla, ma nessuno generalmente sa costruire un mobile intero. Comunque, nonostante la maggior parte dei mobili sia fabbricata in serie, ancora c’è chi produce artigianalmente mobili di alta qualità: curati nei minimi particolari e costruiti solo con legni pregiati, quali il noce, il castagno, il ciliegio, ecc. Il falegname, in questo modo, dall’inizio alla fine è artefice del proprio lavoro. Egli inizia col scegliere le tavole, la taglia secondo le esigenze, le pialla e le leviga.

Successivamente lavora e assembla le tavole secondo un disegno precostituito, fissandole con colla ed eventuali chiodi. Si passa poi alla stuccatura, per eliminare i difetti delle connessioni. Una volta levigato con l’uso di carta vetrata, il mobile viene verniciato e lucidato. Un discorso a parte merita il restauratore di mobili, perché in questo caso dovrà avere ulteriori capacità, dimostrando di essere un bravo tornitore, per ricostruire parti rotondeggianti o affusolate, o un bravo intagliatore, per ricostruirne dove ne mancano o secondo le esigenze. E’ evidente quindi, che il falegname deve essere un artigiano versatile, capace di arte, praticità e fantasia.










venerdì 17 maggio 2013

L'arrotino: mestiere in via d' estinzione...




In passato l'arrotino svolgeva il proprio mestiere spostandosi con una sorta di biciclo-carretto dotato di una grossa ruota di legno, rivestita da un cerchione di ferro; il carretto, una volta giunto sul luogo di lavoro, veniva letteralmente ribaltato su sé stesso e si trasformava nello strumento di lavoro.
Alla ruota veniva agganciato un pedale con vari snodi, veniva fissata la cinghia di trasmissione del movimento alla mola e su una parte sporgente del carretto, l'arrotino fissava poi un secchiello con dell'acqua che sgocciolava sulla mola mediante un piccolo rubinetto dosatore, con funzioni di lubrificante.
Per arrotare un utensile, l'arrotino imprimeva alla ruota un movimento ben ritmato e continuo e con abili gesti delle mani lo passava sulla mola fino a che la lama non diventava tagliente.

Il lavoro rappresentato nei francobolli...


venerdì 10 maggio 2013

Oggi vi parlerò del mestiere del copista...


Nell'antichità la scrittura dei testi era affidata esclusivamente a schiavi literati, a servizio di privati o del pubblico, riuniti in officine esercite da venditori di libri. Quando raggiungevano una certa capacità prendevano il nome di librarius (copista), diamanuensis o di servus ab epistolis (schiavo segretario); nella tarda latinità il copista prende il nome di antiquarius. Il copista decorava i manoscritti, ne incollava insieme le pagine, le rilegava e talora aveva anche l'ufficio di bibliotecario.

La condizione servile dei copisti cessò del tutto solo col diffondersi del cristianesimo; con le invasioni barbariche però questa professione finì per essere coltivata quasi solo nei monasteri. Lo studio della calligrafia (che comprendeva la scrittura e la miniatura) era prescritto dai concilî e dalle regole monastiche, a partire da quella benedettina, e fu incoraggiato con ogni mezzo dai più celebri fra i vescovi e fra i santi monaci di Occidente. Anche gli ordini femminili si dedicarono fruttuosamente alla trascrizione dei testi fino dai primi tempi del Medioevo. Il locale destinato nei conventi agli amanuensi eran detto scriptorium ed era attiguo alla biblioteca, o nella biblioteca stessa: vi era prescritto il silenzio, e non vi potevano entrare se non i superiori, il bibliotecario, e i copisti in determinate ore del giorno. Col sec. XIII accanto alle scuole monastiche si sviluppa l'industria degli scrittori di mestiere, chierici o laici, riuniti talvolta in corporazioni che gareggiano in attività coi monaci, i quali in quel secolo e nel successivo si dedicarono soprattutto alla trascrizione di opere teologiche e scolastiche per ritornare poi, nel Rinascimento, a copiare anche le opere letterarie.