venerdì 10 maggio 2013

Oggi vi parlerò del mestiere del copista...


Nell'antichità la scrittura dei testi era affidata esclusivamente a schiavi literati, a servizio di privati o del pubblico, riuniti in officine esercite da venditori di libri. Quando raggiungevano una certa capacità prendevano il nome di librarius (copista), diamanuensis o di servus ab epistolis (schiavo segretario); nella tarda latinità il copista prende il nome di antiquarius. Il copista decorava i manoscritti, ne incollava insieme le pagine, le rilegava e talora aveva anche l'ufficio di bibliotecario.

La condizione servile dei copisti cessò del tutto solo col diffondersi del cristianesimo; con le invasioni barbariche però questa professione finì per essere coltivata quasi solo nei monasteri. Lo studio della calligrafia (che comprendeva la scrittura e la miniatura) era prescritto dai concilî e dalle regole monastiche, a partire da quella benedettina, e fu incoraggiato con ogni mezzo dai più celebri fra i vescovi e fra i santi monaci di Occidente. Anche gli ordini femminili si dedicarono fruttuosamente alla trascrizione dei testi fino dai primi tempi del Medioevo. Il locale destinato nei conventi agli amanuensi eran detto scriptorium ed era attiguo alla biblioteca, o nella biblioteca stessa: vi era prescritto il silenzio, e non vi potevano entrare se non i superiori, il bibliotecario, e i copisti in determinate ore del giorno. Col sec. XIII accanto alle scuole monastiche si sviluppa l'industria degli scrittori di mestiere, chierici o laici, riuniti talvolta in corporazioni che gareggiano in attività coi monaci, i quali in quel secolo e nel successivo si dedicarono soprattutto alla trascrizione di opere teologiche e scolastiche per ritornare poi, nel Rinascimento, a copiare anche le opere letterarie.


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